Proprio due righe – due – le devo spendere per descrivere quest’erbetta appena scoperta: all’apparenza sembrerebbe erba cipollina, ma con i filini molto più cicciotti, con colore verde brillante che sfuma verso il rosa alla base;
il sapore, sorprendentemente, è simile allo spinacio, ma molto molto più intenso, quasi uno spinacio selvatico (esiste boh?); inoltre, anche dopo la cottura, diventa sì tenero ma scrocca piacevolmente in bocca.
Oltre ad agretto, è conosciuto con nomi particolarmente buffi come “Erba del Frate”, “Senape dei Monaci” e “Roscano”.
Non va cotta tantissimo, in rete le informazioni sono scarse e frammentarie, comunque su e giù il consiglio che va per la maggiore è di cuocerlo al vapore o lessarlo leggermente, io semplicemente l’ho messo nella pentola antiaderente, dopo aver tagliato le radici, e a fuoco medio-basso l’ho cotto per pochi minuti incoperchiato.
L’ho abbinato al gran classicone che non stanca mai, almeno per noi è così, una bella orata e due branzini al sale, non c’è ricetta solo qualche accorgimento:
– il pesce deve avere le lische, altrimenti la pelle alla fine della cottura verrà un po’ impasticciata con la crosta di sale, non va bene;
– il pesce dovrà esser ben asciutto;
– io fodero una teglia grande con i fogli di carta da forno, altrimenti poi per staccare il sale serve il martello pneumatico, bagno un po’ il sale grosso, in modo di poterlo compattare meglio, faccio un primo strato sul fondo, sistemo i pesci abbastanza staccati l’uno dall’altro, e mi diverto a coprirli con il sale
– il pesce dev’essere completamente avvolto nel sale, sopra sotto, ai lati, infatti serve parecchio sale per questa cottura, io per questi tre pesci ne ho usati 3 chili.
– non servono aromi, niente erbette o spezie all’interno dei pesci, il sale cuocerà il pesce sigillandone gli aromi suoi naturali, più buono di così non si può!
– a crudo, condire giusto con un filino ino d’olio d’oliva dal sapore leggero.