Gnocchi de’ susini

Finalmente pubblico una ricetta!
E prima c’era la gravidanza, con notti insonni, giornate calde e piene di pigrizia, poi è nato il mio piccolo principe (piccolo, 4370kg!!) …e a ri-notti insonni, tempo per me zero figuriamoci per cucinare e fotografare, tante volte ho saltato i pasti che per me è tutto un dire.

Avere un figlio è un evento meraviglioso, diventare madre è stata per me la realizzazione di un sogno, tanto atteso…anche se devo dire mi sento molto spaesata a momenti…
ogni tanto mi scopro a fissarlo e a chiedermi stupita: ma sono io sua madre, ma vermante questa creatura così bella è mio figlio?
poi ci sono momenti nei quali mi sembra che lui ci sia sempre stato, è stranissimo non riesco a spiegarlo…
piccola pecca: mio figlio è meravilgioso, bello, simpatico, socievole, curioso, ma non vuol dormire 🙁
e quando finalmente si riesce a farlo dormire – che che, ovviamente a me è capitato un bimbo a dir poco iperattivo, un pestiferello di prim’ordine, con avversione per il sonno unica – insomma, quando riesco a farlo dormire dormo anch’io perché sono esausta.

Ma stasera, sarà che il bimbo dorme tranquillamente (incrocini), sarà che sono al mare per 3-4 gg e mi sto rilassando, insomma è arrivata la nostalgia del blog, delle foto delle ricette che nel frattempo ho accumulato aspettando la voglia di fare ed il tempo per pubblicare;
insomma urge pubblicare altrimenti mi dimenticherò di loro!

Ecco qui la ricetta, gnocchi di prugne, piatto tipico delle mie parti -anzi, più tipico delle parti Giulie a dir il vero – e qui un doveroso ringraziamento alla Daniela ci sta tutto, pazientemente mi avrà spiegato la ricetta già 4-5 volte..e che delizia i suoi gnocchi..

Fondamentale per la riuscita della ricetta sono le prugne o susine, settembrine, di taglia piccola, affusolata e dal sapore dolce intenso. Praticamente introvabili.
Fortuna vuole che i miei quest’anno abbiano avuto una sovraproduzione di queste susine, proprio queste, quindi dopo marmellate, succhi di frutta, crostate, ho provato anche gli gnocchi.
Questo piatto è un primo, ma viene presentato anche come dolce, e se non ci sono le susine giuste, si possono sostituire con fragole o albicocche, ma anche con della marmellata di questi frutti (ma a questo punto mi sa che diventerebbe tanto dolce).

ingredienti per la pasta da gnocco:
1/2kg di patate da gnocchi
150 gr di farina (ma si va ad occhio)
1 uovo
un pizzico di sale

ingredienti per il ripieno ed il condimento:
10-12 susine
burro, zucchero, cannella e pan grattato q.b

Premessa: preparate le prugne in anticipo tagliate a metà, private del nocciolo, cospargete l’interno con lo zucchero e mettetele a scolare in un piano inclinato.
Preparare l’impasto, lessare le patate e schiacchiarle, unire la farina, l’uovo ed il sale, l’impasto dovrà risultare ben “fisso” e liscio;
prenderne in mano una quantità grossa come un’albicocca, appiattirla contro il palmo formando un incavo al centro, dove sistemerete una prugna farcita con lo zucchero e poca cannella, rinchiudere ben bene l’impasto attorno alla prugna, proseguire fino alla fine dell’impasto;
Alla fine gettare pochi gnocchi per volta nell’acqua bollente, lessarli finché non verranno a galla, quindi farli risolare in un pentolino con burro sciolto, zucchero ,cannella e pan grattato per pochi minuti giusto per “dorare” lo gnocco,
quindi servirli subito caldi.

La torta al rabarbaro

Torta al rabarbaro
Anche quest’anno mi ripeto, son tornata dalla provenza e mi è venuta voglia di rabarbaro.
Sarà che in Francia, a differenza di qua, il rabarbaro si trova facilmente, sia in piatti a base di carne che nei dolci; sta di fatto che son tornata e avevo proprio voglia di una bella torta burrosa – e moooolto profumata di burro – che contrastasse con il sapore acidulo del rabarbaro.
Così mi son messa a spulciare in rete, nei siti italiani ho trovato poco o nulla, perlo più si parla di crostate, crumble, o di marmellate, ma io volevo una torta e torta doveva essere.
Così mi son imbattuta in quella che aveva tutta l’arira d’essere, e lo è in effetti, l’enciclopedia del rabarbaro, www.rhubarbinfo.com, dove oltre ad esserci un centinaio o più di ricette a base di rabarbaro, ci sono informazioni su altri usi del rabarbaro, per esempio come detergente per pentole, tintura per capelli, o insetticida…così se avete dei caterpillars che vi mangiano la frutta o la verdura in giardino potete sempre provare con il rabarabro, ma io credo proprio che mi fermerò all’ulizzo in ambito culinario, dopo tanta fatica dei miei genitori che mi piantano le piantine nell’orto, le curano, le bagnano..etc etc, ci mancherebbe che lo usassi per pulir le pentole!
Poi c’è mancato poco che non mi venisse un colpo quando ho letto il capitolo 13.1 “The poison in rhubarb” anche perchè ho letto il titolo dopo averne mangiata una bella fetta, e che cavolo ho sentito il sangue congelarsi, ora come ora che son riesponsabile anche per un’altra piccola vita; ma leggendo l’artcolo, se ho capito bene il veleno sta nelle foglie ed è presente in piccola piccola quantità, insomma buttate via le foglie e lavate bene gli steli prima di usarlo.

Tutto questo per dire che alla fine ho fatto di testa mia, di ricette ne ho trovate tante, ma nessuna mi ha ispirato completamente, così ho seguito l’istinto e con sentimento ho prodotto la seguente ricetta:

ingredienti:
300gr di rabarbaro
125gr di burro
3 uova
100gr di zucchero + 2 cucchiai
100 gr circa di farina
3-4 cucchiai di panna fresca

procedimento:
pulire il rabarbaro, sfilettarlo leggermente come si fa con il sedano, tagliarlo a tocchetti da 2 cm, quindi unire i 2 cucchiai di zucchero e lasciar riposare per almeno un ora, in modo che il rabarbaro -che è molto acquoso- perda un po’ della sua acqua.
Lavorare a crema il burro con lo zucchero, incorporare le uova, mescolare bene, aggiungere il rabarbaro, la farina fino ad ottenere una pasta abbastanza densa, e per finire la panna fresca.

Versare il composto in una tortiera imburrata (diametro di 22cm) ed infornare nel forno statico preriscaldato a 180° per circa 45 min o finchè la superficie del dolce non sarà dorata.

Sfornare il docle e spolverare la superficie con poco zucchero semolato.

Le zuppettine di asparagi…o di quello che volete!


Sono tornata, sono quasi sempre io…solo..che non mi chiamo più Isabilla
mi sono trasformata in Isabolla. 😀
C’è una spegazione alla lontanaza dal blog per quasi tre mesi..perchè in questi tre mesi praticamnte sono dovuta andare in letargo, ogni minuto libero è stato dedicato al dormire, ho dormito dormito e dormito.
E’ dura diventare mamma (che bella questa parola..mamma..ogni tanto me la ripeto da sola, aspettando il giorno in cui finalmente mi sentirò chiamare mamma 🙂 forse tra un annetto o giù di lì)
..
Ma ritorniamo al tema, la ricetta è a dir il vero una ricetta di un mese e mezzo fa, ora asparagi non se ne trovano più, ma l’idea è carina, e se ora non si trovano gli asparagi si può fare di piselli, lattuga, spinacine,..insomma sta alla disponibilità del momento, poi si serve a temperatura ambiente o calda (no in questi giorni no!!), con il crostino che più vi piace;
questi qui mi fanno impazzire, oltre ad essere esteticamente belli sono pure buoni, semplice fetta di pane con un velo di burro e una montagna di erba.

Ora scappo, davvero questa volta, per qualche giorno di vacanza in Provenza…ma ritorno presto 🙂

tempo tot. 30 min

Ingredienti 4 persone:
un mazzetto di asparagi verdi o bianchi
1-2 spicchi d’aglio
2-3 filetti d’acciuga
fecola di patate
olio extra vergine d’oliva
peperoncino
(non serve sale perchè i filetti d’acciuga sono già salatati)

Procedimento:
mondare gli asparagi (l’apposito attrezzo per sbucciarli fa risparmiare tantissimo tempo!) ;
e tagliarli a tocchetti lasciando le punte intere.
In una padela scaldare un po’ d’olio con l’aglio ed i filetti d’acciuga, ed il peperoncino;
far insaporire ed aggiungere gli asparagi a tocchetti, farli saltare quindi versare 1/ 2 bicchiere d’acqua;
cuocere a fuoco medio-basso per 20-25 minuti finchè gli spinaci saran teneri (controllare durante la cottura che non si aciughi troppo l’acqua, se necessario aggiungerne), tenere da parte delle punte per decorare la zuppa;
aggiungere un cucchiaio di fecola per far addensare e frullare il tutto con il mixer.
Servire nelle fondine decorando con le punte d’asparago tente da parte.

Bucatini al radicchio trevisano


Più che una ricetta, è un consiglio, consiglio di approffittarne ora per comprare un po’ di radicchio rosso travigiano tardivo, proprio in questo momento i prezzi sono più accessibili (fino a due mesi fa avava prezzi da gioielleria più che da frutta e verdura)..è una prelibatezza che non ci si può sempre concedere, ma è buono in tanti modi: nelle lasagne, nell’arrosto, alla griglia, ed anche semplicemente crudo, condito in insalata.

Comunque, se volete farvi’du bucatini, il radicchio ci sta, con un po’ di guanciale ed un po’ di grana ne viene un piatto semplissimo molto gustoso.

Ingredienti (ad occhio) per 4 persone:
2-3 cespi di radicchio trevigiano tardivo
2 fettine spesse 1cm di guanciale
1 cippollotto
grana
bucatini
sale
pepe

Prearazione:
Portare ad ebollizione l’acqua per la pasta, nel frattempo pulire il radicchio, asciugarlo, tagliarlo a tocchetti;
tagliare a cubetti il guanciale e farlo soffriggere con il cippollotto affettato;
Cuocere la pasta, 2-3 min prima della fine della cottura, unire al guanciale e al cippolotto il radicchio -tenendone da parte 2 cucchiai- insaporire per 2-3 minuti, quindi scolare i bucatini,saltarli in padella con il condimento a base di radicchio, versare in una terrina, aggiungere una manciata di grana, pepe nero macinato al momento ed il radicchio crudo.

Orata e branzino al sale con agretto


Proprio due righe – due – le devo spendere per descrivere quest’erbetta appena scoperta: all’apparenza sembrerebbe erba cipollina, ma con i filini molto più cicciotti, con colore verde brillante che sfuma verso il rosa alla base;
il sapore, sorprendentemente, è simile allo spinacio, ma molto molto più intenso, quasi uno spinacio selvatico (esiste boh?); inoltre, anche dopo la cottura, diventa sì tenero ma scrocca piacevolmente in bocca.
Oltre ad agretto, è conosciuto con nomi particolarmente buffi come “Erba del Frate”, “Senape dei Monaci” e “Roscano”.
Non va cotta tantissimo, in rete le informazioni sono scarse e frammentarie, comunque su e giù il consiglio che va per la maggiore è di cuocerlo al vapore o lessarlo leggermente, io semplicemente l’ho messo nella pentola antiaderente, dopo aver tagliato le radici, e a fuoco medio-basso l’ho cotto per pochi minuti incoperchiato.


L’ho abbinato al gran classicone che non stanca mai, almeno per noi è così, una bella orata e due branzini al sale, non c’è ricetta solo qualche accorgimento:
– il pesce deve avere le lische, altrimenti la pelle alla fine della cottura verrà un po’ impasticciata con la crosta di sale, non va bene;
– il pesce dovrà esser ben asciutto;
– io fodero una teglia grande con i fogli di carta da forno, altrimenti poi per staccare il sale serve il martello pneumatico, bagno un po’ il sale grosso, in modo di poterlo compattare meglio, faccio un primo strato sul fondo, sistemo i pesci abbastanza staccati l’uno dall’altro, e mi diverto a coprirli con il sale
– il pesce dev’essere completamente avvolto nel sale, sopra sotto, ai lati, infatti serve parecchio sale per questa cottura, io per questi tre pesci ne ho usati 3 chili.
– non servono aromi, niente erbette o spezie all’interno dei pesci, il sale cuocerà il pesce sigillandone gli aromi suoi naturali, più buono di così non si può!
– a crudo, condire giusto con un filino ino d’olio d’oliva dal sapore leggero.

Cappuccino di piselli e feta


Un’idea bellina, buona, e molto molto veloce, 25 min ed è tutto pronto;
di semplice realizzazione, la zuppetta di piselli riesce bene purchè ci sia una buona materia prima di base, non c’è nessun ingrediente che impiastriccia o appanna i sapori, tipo la panna che troppe volte secondo me viene utilizzata nelle creme/zuppe/vellutate;
ed è carino l’accostamento/contrasto con la feta, che pizzica un po’ sulla lingua contro il sapore dolce fresco dei piselli.
Quindi non si deve risparmiare sulla qualità dei piselli surgelati, devono essere buoni, e non avranno nulla da invidiare a quelli freschi.
Serviti su bicchieri o tazze di vetro, con un spolverata di pepe nero, fanno un piatto carino, leggero, ma comunque saziante (hanno la proprietà di saziare a lungo, il che non è male se si è a dieta 🙂 )
Sarà un piatto da riproporsi in estate, anche freddo è buono.

Ingredienti per 4 persone:
450 gr piselli sbucciati (anche surgelati)
100gr di ricotta a pasta morbida (altrimenti servirà un po’ di latte per stemperarla)
3-4 cucchiai di feta
2 porri piccoli o 1 grande
sale q.b.
pepe q.b.
olio extra vergine d’oliva q.b.

Procedimento:
affettare il porro, farlo imbiondire per 3 minuti su una pentola con 2-3 cucchiai d’olio d’oliva extravergine,
aggiungere i piselli (i piselli, se sono surgelati, non vanno scongelati, quindi vanno cotti come prodotto fresco), mescolare bene e far insaporire i piselli nel porro per 1-2 minuti, aggiungere
1/2 bicchiere d’acqua, e incoperchiare,
nel frattempo preparare in un pentolino, la ricotta, la feta e qualche cucchiaio di latte per
ammorbidire (se la ricotta è di pasta dura), scaldare il tutto per pochi minuti, quindi frullare con il
mixer, se è necessario salate e pepate (secondo vs gusto, attenzione perché la feta è già salata di
suo);
nel frattempo controllare i piselli, mescolare e verificare se c’è bisogno di aggiungere acqua, dopo
15 minuti, i piselli saranno cotti, aggiungere il sale, quindi frullateli direttamente in pentola con il
mixer;
Versare in tazze o bicchieri di vetro la zuppetta di piselli, riempiendoli per 3/4,poi aggiungere 1-2
cucchiai di la crema di feta;
Questo piatto è buono caldo nella stagione fredda, ma anche freddo (come il gaspachio) da servirsi
nelle giornate calde.

Arroz al horno e Crema Catalana


Sento già la voce di Brontolo, “ma questo non è il vero arroz al horno..l’arroz al horno è un’altra cosaaa” gne gne gne; verissimo, questa è la mia versione di arroz al horno, fatta con quello che c’avevo in casa e senza costicine (che non amo), morcilla (una specie di salsiccia di sanguinaccio), e con la carne e il “caldo” (o brodo) di pollo invece che manzo;
insomma una versione un po’ delicata dell’arroz al horno tipico di Valencia, un integralista magari innorridirebbe, poco male, è stato scofanato lo stesso;
Dunque, ingredienti fonamentali sono: il riso, un buon riso valenciano, i ceci e lo zafferano, magari comprati al mercato di Valencia (ancora un po’ e mi portavo anche l’acqua da là 🙂 )..e questi non si toccano, poi vedete voi come volete realizzarlo..io ho trovato in rete parecchi spunti, da wikipedia, al sito dell’arroz al horno, al blog cocina

Ingredienti:
– 500gr di riso
– 250gr di ceci (precedentemente ammollati)
– 350 gr di pollo
– 1,5 lt di brodo di pollo
– 1 testa di aglio intera
– zafferano
– 4-5 fette di pancetta spesse 4mm
– pimentón
– sale
– olio d’oliva
– una patata
– un pomodoro o pomodorini

Procedimento: preparare in anticipo i ceci ammollati in acqua per 8 ore, quindi scolarli; e il brodo di pollo con verdure (cipolla, carote, sedano);
Scaldare in una casseruola capiente un po’ d’olio d’oliva, (meglio molto meglio se usate una Cazuela de barro , coì poi potrete trasferirla direttamente in forno) e soffriggeteci la testa d’aglio, lasciar insaporire un po’, quindi lasciarla da parte;
Prendere la carne di pollo, tagliarla a pezzetti, e farla soffriggere nell’olio all’aglio insieme alle fette di pancetta.
Togliere le fette di pancetta, lasciarle da parte per dopo;
Tagliare la patata a fette, ed unirla alla carne di pollo, aggiungere lo zafferano, il pimenton e salare; cuocere il tutto finchè la patata sarà dorata, a questo punto togliere le fette di patata e metterle da parte;
Aggiungere il riso, farlo insaporire per pochi minuti, quindi versare il bordo preparato e i ceci, mettere al centro la testa di aglio, ricoprire il tutto con le fette di pancetta, le fette di patata e le fette di pomodoro; Infornare a forno preriscaldato a 180°, finchè il brodo si sarà assorbito del tutto.

ingredienti per 6 coppette:
1lt di latte
6 tuorli d’uovo
200 grammi di zucchero
6 cucchiai di zucchero per la copertura
50gr di maizena
la buccia di un limone (e/o di arancia)
una piccola stecca di cannella

procedimento:
Portare ad ebollizione il latte con la buccia di limone (ricavata con il pelapatate) e il pezzo di stecca di cannella;
togliere dal fuoco, filtrare e far raffreddare.
Sbattere i tuorli con lo zucchero finchè saran chiari e spumosi, quindi unirli al latte (tenerne da parte una tazzina che servirà a far sciogliere la maizena);
Portare la casseruala (meglio se di rame) con il composto di uova e latte sul fuoco basso e mescolare di continuo, finché la crema inizierà ad addensarsi;
aggiungere pian piano la maizena stemperata nel latte, e continuare a mescolare finchè la crema si sarà addensata e avrà preso un bel colore giallo (ci vogliono più di 10 minuti);
Versare nelle coppette, preferibilmente basse e larghe, e far raffreddare prima di lasciarle in frigo per 2-3 ore;
Togliere dal frigo la crema poco prima di portarla in tavola, perchè dovrà essere ben fredda, quindi procedere alla bruciatura dello zucchero:
spargere un po’ di zuccero sopra alla crema su ogni coppetta, e con il cannello o il ferro apposito, bruciare lo zucchero, quest’operazione va fatta velocemente cercando di non far scaldare la crema, il risultato sarà sopra un disco di caramello croccate, sotto la crema fredda profumata al limone e cannella.

Valencia: Paella, Mercato, Tapas, Horciata, Churros, Mare…


Eccomi, son tornata;
Breve e disordinata presentazione di Valencia:
3° città spagnola, è un porto, di trova a circa 400km da Barcellona verso Alicante, quest’estate ha ospitato l’American‘s Cup, ha un clima di tipo mediterraneo – credo che i Valenciani non sappiano cosa sia l’inverno, il 3 di gennaio c’erano 17 gradi; è ricca di frutta e verdura buona tipo il nostro sud Italia (invidia!), per esempio lungo l’autostrada costiera da Tarragona a Valencia è tutto un aranceto..tantissimi alberi d’arancia, limoni, e tanti alberi in centro città, nelle aiuole, stracarichi di clementine selvatiche.
Impressione generale: non mi ha fatto impazzire come città, forse d’estate o in primavera avanzata quando si può fare un po’ di vita di mare dev‘essere tutt‘altra cosa, per il resto l’ho sentita un po’ troppo caotica e disordinata, un cantiere continuo… inoltre, ma come anche le altre città spagnole, i cani non vengono accettati da *quasi* nessuna parte, quindi noi che viaggiamo con la nostra piccola-moglie-dell’aiutante-di-babbo-natale ci siamo trovati un po’ male,
vabbè, cmq, le cose belle sono state:

La Ciutat de les Arts y les Ciències e dell’Oceanographic (foto qui sopra) non potevo non andarci, sono il simbolo di Valencia, ed infetti sono delle costruzioni spettacolari, per quanto io non ami molto tutte le opere di Calatrava, ma questa è un’altra storia e non è la sede giusta per farci polemica.
Ripeto, molto spettacolari, anche se il Palau (il teatro) mi ha fatto un’impressione un po’ freddina..

L’horchata de chufa, famosa bevanda valenciana ricavata dal tubero di una pianta parente del papiro. L’aspetto è quello di un latte, appena appena tendente al nocciola, profuma e ha un sapore che a mio parare ricorda il latte di mandorla, pur restando un qualcosa molto a , insomma mi è piaciuta.
Insieme all’orciata ho ordinato dei Churros, dei bastoncini soffici, fritti, vengono serviti caldi con zucchero semolato, ecco questi sono buonissimi solo se mangiati appena fatti; infatti presi da un’altra parte, ormai freddi erano immangiabili.
Io l’ho assaggiata in quella che secondo le guide è una delle più antiche orciatere, l’ Horciateria El Siglo, situata proprio attigua alla piazza della Regina;

La Paella, eh, impossibile non parlare della Paella, la versione “valenciana” prevede carne di pollo e legumi, ma chissà per quale motivo non mi ispirava, invece mi sono innamorata della paella nera, con seppie e nero di seppia, faantasticaa.
Indirizzo consigliato:
Restaurante Racò del Turiaciscar.10 – Valencia
locale tranquillo, vini buono, sangria ottima pure quella, il personale è stato molto gentile e ci hanno fatto entrare con i cani!


Il mercato coperto di Valencia. E io qui mi volevo perdere, è un paradiso, praticamente ho riempito il carrello che mi ero portata dietro, ho comprato grandi quantità di riso, zafferano, 4 tipi di pimenton, carciofini, fave fresche, fave secche verdi, fave bianche per la paella (?mai viste?), arachidi freschi, bananine delle canarie..frutta varia; ma avrei comprato il mondo, i prezzi erano veramente bassi ed il pesce poi era bellissimo, tranci di tonno, gamberoni rossi, queste cape longhe poi…uhm, e che in hotel non mi avrebbero lasciato cucinare, sennò..


Queste sono tra le mie tapas preferite, pulpo y patatas bravas (e cervesa!) praticamente è polpo bollito, tagliato a fettine, condito con poco olio ed un pizzico di pimenton; mentre le patatas bravas, sono patate piccanti lessate e poi fritte, accompagnate con salsa aioli

uno piccolo scorcio tra il molo di Lunarossa e Cisco

e questa poi, si vedono i surfisti?
le onde erano uno spettacolo, peccato che non ci fossero temperature umane per fare il bagno, ho guardato questo mare con vero desiderio, devo essere stata una papera in una vita passata, perché quando vedo l’acqua mi ci butterei subito.

Gli Auguri e la mia cucina il giorno di Natale


Eccomi! dopo la mia solita latitanza non potevo non fare capolino il giorno di Natale, non me lo sarei mai perdonato…quindi faccio tanti cari auguri a tutti, soprattuto a chi è passato di qui e mi ha lasciato gli auguri, grazie di cuore, mi avete fatto una bella sorpresa!!!
Sono le 23.46 del 25 dicembre, finalmente è finita, la lavastoviglie sta facendo il 3° giro, oggi eravamo un discreto numero di persone, non ho fatto tutto io, il menù è stato all’insegna della tradizione (di famiglia!) e dei prodotti locali.
Quindi, a parte i quasi 2 kg di pane sfogliato o “PAN DE HOJALDRE” delle sorelle Simili che ho fatto stamattina,

(nota: questo pane è sempre un successone, la ricetta l’ho trovata su coquinaria ed è facile da realizzare, richiede solo un po’ di tempo per le lievitazioni, ma risultato spettacolare assicurato, ed è buonissimo anche il giorno dopo!)

quindi per iniziare, pane al burro con fettine di muscoletto di prosciutto di S.Daniele,

fette di polenta con Pitina – specialità delle “mie” montagne, cioè della Val Tramontina, è una specie di polpetta rotolata nella farina da polenta, affumicata con legno di faggio e ginepro per essere poi stagionata, composta da carini carni bovine, caprine, ovine o selvaggina ed insaporita con sale, pepe ed erbe aromatiche della zona;

Primo raviolini (fatti dalla zia) ripieni di magro conditi dal ragù (fatto dalla suocera)
Secondi: cappone lesso con mostarda, brovada (fatta da mia mamma), muset e purè

lo so, la foto non è bella, ma bisogna esser proprio bravi per far sembrare belle delle fettine di musetto con la brovada (argh!);
Dolce? Il pandoro Biffi di Milano (io ne vado pazza) e la Gubana di Cividale.
..e qualche tartufino preparato da me.

Ops, mi son scordata le ricette, meno male che qualcuno me l’ha fatto notare:

Pane Sfogliato o Pan de Hojaldre:

tempi: 1 ora 1/2 lievitazione per il lievitino
2 ore per i filoni
1/2 di lavorazione
35 min cottura

Per il lievitino:
100gr di farina 00 (io ho provato anche con 70gr di manitoba e 30 gr di 00, lievita mooolto di più, ed è meno “duro” ma lo stesso croccante)
60gr d’acqua
4gr di lievito di birra
Impastare e far lievitare fino al raddoppio (ca. 1 ora e mezza).

500gr farina 00
250gr d’acqua
30gr + 30gr olio extra-vergine d’oliva (30 per ogni filone)
20gr di lievito di birra
10gr di sale
1 cucchiaio di olio

Procedimento:
Fare la fontana, versare l’acqua, fondere il lievito di birra, unire il lievitino e amalgamare, unire un poco di farina e un cucchiaio di olio. Finire l’impasto senza lavorarlo in eccesso. Dividere l’impasto a metà e fare due filoni, coprirli e lasciarli riposare sul tavolo per 15-20 minuti. Prendere il singolo filone e spianarlo molto sottile fino ad avere un rettangolo (30 x 60 cm), ungere la superficie con metà dei 30 gr. d’olio (con il palmo delle mani), piegare in quattro la sfoglia, battere con mattarello (lasciare riposare 15 min circa per rilassare il glutine) e spianare nuovamente formando nuovamente un’altro rettangolo di circa cm. 30x 60, ungere di nuovo con i restanti 15 gr. d’olio e arrotolare la pasta partendo dal lato corto (io qui taglio a metà il filone per avere 2 panini distinti, quindi alla fine ne avrete 4). Disporre i 4 pani su due teglie. Con una lametta tagliarli per il lungo molto profondamente lasciando al centro circa cm. 3 di spazio intero e senza tagliare le chiocciole ai lati, spennellare con pochissimo olio, coprire e lievitare al raddoppio per circa 45-60 minuti (io ho lasciato lievitare anche per 1 ora e 20 min). In forno a 200° per 30-35 minuti.

Tartufini al cioccolato e pistacchio

ingredienti:
150gr di cioccolato fondente al 70%
100ml di panna fresca
un cucchiaino di burro
2-3 cucchiai di pistacchi verdi sgusciati tritati (non salati)
– si possono sostituire con altri ingredienti di vs gusto, tipo nocciole, mandorle, noci, cacao, polvere d’arancia, matcha….

procedimento per la ganache:
tritare il cioccolato; versare la panna in pentolino con il burro e portare a bollore, quindi unire il cioccolato tritato, spegnere il fuoco e mescolare bene finché si sarà sciolto; quando il composto sarà freddo riporre in frigo a rassodare per qualche ora o meglio per una notte.

Riprendere la ganache, ricavare delle palline e farle rotolare nei pistacchi tritati, riporre in frigo fino al momento di servirli.

Tartufini al cioccolato bianco

ingredienti:
150gr di cioccolato bianco (quello più buono, possibilmente poco zuccherato)
100ml di panna fresca
un cucchiaino di burro
1-2 cucchiai di farina di mandorle
mandorle pelate q.b.
per la copertura farina di mandorle o cocco grattugiato

procedimento:
portare a bollore la panna ed il burro, quindi farci sciogliere il cioccolato bianco tritato, far raffreddare, se il composto risultasse troppo liquido, aggiungere farina di mandorle quanto basta; riporre in frigo per qualche ora, quindi prelevare dal composto una quantità giusta per fare un noce, inserire al centro la mandorla pelata, chiudere bene e far rotolare nella farina di mandorle o nel cocco – ma anche nel cioccolato grattugiato se li volete scuri fuori e bianchi dentro.
riporre in frigo fino al momento di servirli.

Auguro belle e fortunate giornate a tutti, anche a chi non festeggia, qui tra poco si parte per la Spagna – Barcellona, Valencia.. cari auguri a tutti.

Menù all’arancia: risotto, coniglio, aspic-spuma

Trovo molto carina l’idea di creare dei piatti seguendo un tema, l’ho già fatto con la zucca per esempio, ed ora l’ho rifatto con l’arancia;
devo ammettere che l’esperimento – perché questo era, visto che non avevo mai cucinato prima questi piatti e che sono frutto di qualche -intuizione- o rimuginatura da lungo tempo, è riuscito visto che è già stato replicato 2 volte in 4 giorni senza resti nel frigo.
Tra l’altro, vorrei fare delle dediche (‘ossignur, oggi sono proprio in vena, sarà che mi son bevuta un bicchiere di Refosco e poi un’altro di Verduzzo e son solo le 2 del pomeriggio…)
sì sì delle dediche come si fa con una canzone o con un libro, e dedicare questi piatti a delle persone…innanzitutto dedico il risotto all’arancio alla Paola, primo perché è il suo compleanno, secondo perché forse mi ha fatto il più bel complimento da quando ho quest blog, cioè mi ha detto che per lei è come una droga..non riesce a staccarsi..
poi il coniglio all’arancia lo dedico ad E. e a D., che ne hanno mangiato non so quante porzioni a dir il vero, e non potevano farmi più felice;
la terza dedica, beh so io per chi è, basta perché sennò divento mielosa!
Ok, ora la smetto di scrivere e passo alle cose importanti, le ricette:

Risotto all’arancia
Ingredienti:
(dosi per 4 persone circa)
Riso vialone nano, una manciata di riso a persona
la rapatura ed il succo di un’arancia
whisky per sfumare (o vino bianco)
olio d’oliva extra vergine q.b.
burro
parmigiano grattugiato
un porro di media grandezza
pepe
sale
acqua

Preparazione:
Soffriggere il porro tagliato a rondelle sottili in poco olio, quindi aggiungere la raschiatura della buccia (io ho usato il riga limoni per avere le buccette più belle) ed il riso, tostare il riso e sfumare con un bicchierino ino ino di whisky o di vino bianco, abbassare la fiamma ed aggiungere la spremuta d’arancia ed acqua calda salata q.b. (a mio avviso qui il brodo vegetale non ci sta), cuocere il risotto e alla fine mantecare con poco burro e qualche cucchiaio di parmigiano, distribuire nei piatti e spolverizzare con il pepe nero macinato al momento e qualche righetta di buccia d’arancio, aspettare una attimo e servire -a mio parere il risotto ne guadagna se lo si lascia fermo un attimino-.

Coniglio all’arancia
ingredienti(con queste dosi si fa una cena per 8):
1 coniglio da 1,5 kg circa, già pulito tagliato a pezzi
il fegato del coniglio
olio d’oliva extra vergine q.b.
buccia e succo di 2 arance
buccia e succo di 1/ limone
capperi sotto sale una manciata
due spicchi d’alio incamiciati (non togliere la buccia)
3 foglie di salvia
una manciata di farina
sale
pepe

Preparazione:
Scolare i capperi lavandoli bene ben dal sale,
scaldare l’olio in una pentola capiente e metterci i due spicchi d’alio con la buccia , le foglioline di salvia;
nel frattempo preparate un trito di capperi e delle scorzette d’arancio e limone (usare il pelapatate per le scorzette);
quando l’olio sarà ben caldo, disporre i pezzi di coniglio precedentemente infarinati ed il fegato intero e far dorare a fuoco alto da tutti i lati;
gettare sul coniglio il trito di capperi + bucce d’agrumi, versarci il succo di limone e d’arancio e il bicchiere di vino, girare bene il tutto, abbassare la fiamma e far cuocere incoperchiato a fuoco basso nel fornello medio per circa 1 ora e mezza..cmq finché la carne sarà tenera.
Il coniglio di solito qui si serve con la polenta, ma non ce la vedevo con gli agrumi, quindi ho fatto il pane, in questo caso il pane è il pane in cassetta ricetta di Sandra UTDZ – si intravede nello sfondo della foto-


Questa ricetta non è un mio frutto, ma è una ricetta datami da una zia, che a sua volta l’ha ricevuta da una signora brasiliana molti anni fa durante un viaggio in Brasile.

Aspic o Spuma all’arancia
ingredienti(con queste dosi si fa uno stampo da budino da 20 cm):
750 ml di spremuta d’arancia
raschiatura di buccia
4 uova
20 gr di colla di pesce in fogli (ho provato a farlo anche con l’agar agar, ma non è venuto 🙁 )
3 cucchiai di fruttosio o zucchero q.b.
1/ limone

Spremere le arance ed il 1/2 limone, oppure, come ho fatto io centrifugarle mettendo anche la buccia di 2 arancie (così viene un gusto tipo arancia amara), scaldare per un 1 minuto sul fuoco basso la spremuta insieme al fruttosio facendolo sciogliere;
ammollare la gelatina in acqua fredda, ed incorporarla un foglio alla volta, ben strizzato e mescolando bene alla spremuta calda.
Lascia raffreddare a temperatura ambiente (deve essere freddo, ma non di frigo sennò si sarà gelatificato troppo), quindi aggiungere i tuorli sbattuti ed infine le chiare montate a neve ferma con delicatezza, il risultato dovrà essere una massa spumosissima e ben amalgamata, distribuire negli stampini monodose o sullo stampo da budino unico, e far raffreddare per almeno 5 ore in frigo.
Servire con qualche rigatura di buccia, se lo volete più goloso, con spicchi di arance caramelleate o buccia caramellata o ancora sciroppo d’arancio.

Devo dire che quest dolce mi ha stupito, non conoscevo gli aspic (è come la bavarese, ma non prevede la base di crema inglese e la panna, ed spumoso come una mousse grazie all’aggiunta dei bianchi montati a neve) così leggero e con il sapore amaro/dolce dell’arancia a fine pasto ti dà una sensazione di leggerezza e di freschezza;
non vedo l’ora di rifarlo con altra frutta, magari con il pompelmo rosa.